je suis Paris, je suis Charlie

Stephane “Charb” Charbonnier (vignettista e direttore); Georges Wolinski (vignettista); Jean “Cabu” Cabut (vignettista); Bernard “Tignous” Verlhac (vignettista); Philippe Honoré (vignettista); Bernard Maris (economista ed editorialista); Elsa Cayat (psicologa e giornalista); Michel Renaud (ex consigliere del sindaco di Clermont Ferrand); Mustapha Ourrad (correttore di bozze); Fréderic Boisseau (addetto alla portineria); Franck Brinsolaro (poliziotto); Ahmed Merabet (poliziotto)

Inorridisco che quasi non riesco a parlare.

E più ascolto, e più leggo e più vedo tutto e tutti allontanarsi in una deriva confusa dall’unico punto veramente importante di questa drammatica pagina dove le 12 persone qui sopra sono morte senza motivo. Perché il motivo non c’è, non c’è lo scontro di culture, non c’è la guerra di religione o la terza guerra mondiale .. c’è solo lo sfruttamento del fanatismo, alimentato da califfi improponibili e dagli interessi del mondo e della politica “occidentale” che in un modo o nell’altro devono convivere e usarsi a vicenda, per non affondare insieme.

Se rimango agganciato alle prime ore dopo la strage, come se fosse l’unico appiglio che ho per non andare alla deriva, vedo solo una cosa: creare l’odio dall’interno è la forma di manipolazione più meschina, vile e codarda.

Inorridisco, al pensiero che se quel poliziotto ferito e steso per terra non fosse stato di origini musulmane, forse il colpo di grazia (che cazzo di nome per una fucilata) non glielo avrebbero “concesso”. In questo ci vedo un segno ancora più profondo, ancora più chiaro, ancora più drammatico, preciso dettaglio per alimentare la paura.

Leggo da un giornale: “I due fratelli, Said e Cherif, sarebbero stati riconosciuti grazie alla carta d’identità ritrovata dalla polizia nella Citroen C3 abbandonata durante la fuga vicino alla porte de Pantin, a Parigi” … la carta d’identità? Non sapremo mai la verità, ma non è nella ricerca della verità che avremo risposte, è solo guardandoci negli occhi, senza perdere l’attenzione dal punto focale, che troveremo la nostra risposta: vogliono creare odio e paura, chiunque essi siano.

Non c’è molto da dire, c’è da condividere il dolore per le 12 persone lì sopra e dei loro amici e familiari, e non c’è da cercare un motivo religioso o di cultura, perché l’odio non è religione e non è cultura. Ma c’è molto da fare: bisogna fare uno sforzo emotivo gigantesco, sfoderare una forza di volontà determinata, deglutire l’odio e sputar fuori solo la rabbia, e NON andare alla deriva. Per rispetto delle 12 persone lì sopra, morte senza motivo.

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