I giorni scorsi mi hanno lasciato con un sacco di pensieri, ma ce n’è uno in particolare, completamente slegato dagli avvenimenti socio-politici, che gironzola tra le curve del mio cervello. E come tutti i miei pensieri alla rinfusa, quando viene solletticato, si attiva portandomi a fare un po’ di ragionamenti.
Ho camminato a piedi per due giorni, muovendomi da Porto a Oneglia e viceversa, parecchie volte al giorno. Ok, devo dire che mi piace camminare e per principio uso la macchina solo quando non posso farne a meno, per cui questo stop forzato della circolazione non mi ha scioccato, né penalizzato troppo: come ho già avuto modo di dire, per questo frangente, sono un “ragazzo” fortunato.
Ma non era la stessa cosa: solitamente cammino a fianco di macchine che sfrecciano per le strade e pochi autobus male organizzati che fanno la spola tra alcuni punti nevralgici della città, o facendo la gimkana tra le auto che disperatamente cercano un parcheggio non più lontano di 50 metri dal punto che deve essere raggiunto. E di solito sviluppo la mia (personale) convinzione che a Imperia non esista il traffico e non esista un problema di viabilità: forse perché ho la fortuna di frequentare certi posti dove per fare 10 km impieghi un’ora, se ti va bene, e dove se cammini per la strada torni a casa con i polmoni neri di smog; ma dato che l’essere umano deve per forza crearsi un problema da risolvere, a Imperia abbiamo deciso che se non usi la macchina per percorrere due kilometri non sei contento, e quindi, disquisiamo di traffico e parcheggi.
A parer mio, le città moderne sono quelle che per tradizione o buonsenso hanno limitato il numero delle macchine: a Oslo se vuoi entrare in città guidando devi pagare un ticket (sì, c’è un casello come quelli dell’autostrada), oppure parcheggi fuori e ti muovi in altro modo. A Copenhagen e Amsterdam più della metà delle persone si spostano in bicicletta, anche d’inverno (abbiamo un’idea della differenza tra i nostri inverni e quelli di Copenhagen?). A Venezia le strade per le macchine non le hanno neanche fatte (ma poi da buoni Italiani fanno passare i transatlantici nel Canal Grande … ). A Toronto le autostrade attorno alla zona urbana hanno corsie preferenziali per le macchine con 3 o più persone a bordo, e se sei da solo, devi stare in coda. Nel centro di molte città se non hai un garage o un posto auto, non puoi accedere (proviamo ad andare a Montmartre con la macchina … ). Importanti scienziati hanno ormai decretato che non serve fare strade più larghe, ma occorre ridurre il numero di macchine, perché una strada larga, semplicemente, porta più macchine in un punto che però non le può assorbire (la “Superstrada” a Imperia è l’esempio clou).
Torniamo allo stop forzato dei giorni scorsi: ho camminato per una città piena di gente che andava a piedi (spesso ansimando), dove i parcheggi erano tutti liberi, e dove l’aria era respirabile: tutta un’altra storia. E allora mi domando, se tutti coloro che possono non usassero più la macchina, lasciando la strada a chi invece ne ha bisogno, se le nostre Amministrazioni ci dessero dei buoni servizi pubblici accessibili, organizzati e puntuali, spingendoci, esortandoci (e dandoci l’esempio) a usare meno le macchine, se sfoderassimo delle belle biciclette, anche quelle elettriche, per esempio, e se veramente limitassimo la possibilità di circolazione, quale problema insormontabile si troverebbe di fronte la Città? Risposta: nessuno. Ne guadagneremmo in salute, potremmo chiudere il Centro (i Centri), non avremmo bisogno di strade alternative (quelle che ci sono sarebbero sufficienti), e soprattutto le botteghe di quartiere tornerebbero di moda!
Farebbe così schifo?