
Non è che sia il primo libro che leggo, ma oggi mi piaceva l’idea di scriverne.
Chissà cosa mi ha colpito (veramente ora lo so) .. mi capita spesso di sapere che c’è qualcosa di speciale in qualcosa, ma di non sapere cosa, di sentirlo prima di vederlo, di accorgermene senza toccarlo .. ma d’altronde sono un forte F (feeler*) e mi ci ritrovo parecchio. Mi è successo anche oggi, nella stanzina di questo bellissimo posto, in questa stanzina che mi piace e improvvisamente, dopo 24 ore, ho capito perché: non c’è la TV. Non che quello che c’è non mi piaccia, anzi incontra molto il mio gusto, ma c’è un +; e io che la TV non la accendo mai, non mi ero accorto che non c’era, l’avevo “solo” sentito. Lo stesso mi è successo con questo libro.
Hopper (non me ne voglia il Sig. Edward se l’ho identificato con una Srilankan breakfast) è uno di quei pittori che conosci perché vengono incasellati e caratterizzati attraverso un’opera che per qualche motivo si vede ovunque. Ma se la curiosità o l’interesse che quell’opera sollettica o la fortuna di incappare in un’altra prendono il sopravvento sulla presunzione di sapere chi è Edward Hopper avendo visto solo una foto di “Nighthawks”, allora viene la voglia di conoscere tanto di più, e il desiderio di andarlo a cercare veramente supera di gran lunga la superficialità di navigare su Google.
Qualsiasi opera, di qualsiasi arte, si presta in realtà a mille diverse interpretazioni: è pur vero che ognuno vede e sente in maniera molto soggettiva, e probabilmente solo l’autore dell’opera sa cosa vide, o cosa sentì, anche se stormi di critici cercano di darci interpretazioni inquadrate in alcuni confini. Oggi ho finito un bel libro, dove Hopper non è stato radiografato da un critico, ma ha ispirato, attraverso alcuni dei suoi quadri, una serie di racconti raccolti in una bella e breve antologia. Racconti di scrittori bravissimi, a me sconosciuti – a parte uno – (sebbene famosi e pluripremiati), che hanno trasformato in parole quello che hanno visto, o sentito, in quelle opere.
Hopper mi piace perché mi muove il cuore. Mi muove una sorta di quieta inquietudine, sembra buffo scriverlo, ma non ho trovato altre parole .. quella inquietudine che si genera quando pensi che ti stia per succedere qualcosa ma poi non succede; come se quello che è stato prima e quello che sarà dopo l’istante forte e magnetico immortalato nel quadro siano la stessa cosa, il Tempo e lo Spazio interrotti e deformati da un meteorite grande e rapido quanto quell’istante.
E tutti questi scrittori hanno tirato fuori tanta fantasia da quegli istanti, a riprova che a ognuno di noi un’immagine porta un impulso, una curiosità e un sentimento differente: non sappiamo cosa c’era prima, e cosa c’è stato dopo, e l’inquietudine che quell’immagine ci porta, si trasforma in mille sfumature diverse.
C‘è solo una cosa che accomuna quasi tutti i racconti: le opere che fanno da sfondo alla raccolta sono state dipinte tra la fine degli anni ’20 e la fine degli anni ’40 .. se le storie sono tutte diverse e raccontano personaggi diversi e situazioni diverse, tutte (quasi) portano a galla gli spigoli e i dolori della società americana di quegli anni, dal maschilismo atroce fino alle contrapposizioni razziali, dal perbenismo finto alla materiale stratificazione sociale.
E così, quei quadri che per me sono sempre stati istanti inquieti, ma quieti, oggi mi sembrano diversi e forse mi turbano di più con dettagli prima nascosti, ma allo stesso tempo mi incuriosiscono maggiormente, perché è pur sempre l’emozione (quieta o inquieta che sia) che muove l’intelletto e ci spinge a conoscere di più.
OMBRE, racconti ispirati ai dipinti di Edward Hopper – a cura di Lawrence Block
“Chi riesce a infilarsi con tanta facilità dentro le mutandine di una donna, finisce per credere che sia tutto lì. Che non ci sia altro. Ma non è così che dovrebbero andare, le cose. Io e Missy siamo sposati da cinquant’anni, nessuno dei due ha avuto particolarmente fretta di vedere l’altro senza mutande, ma la mattina, a colazione, abbiamo ancora voglia di guardarci negli occhi.” (citazione da “Il Proiezionista, di Joe R. Lansdale – ispirato all’opera New York Movie)
(*) vedi Myers–Briggs Type Indicator®