Mi ci sono trovato quasi per caso (*), un lunedì pomeriggio di una fine maggio tutt’altro che quasi estiva, dopo circa vent’anni dalle ultime volte: sarà che quelle volte erano state sempre durante una Barcolana, e Trieste immersa nella Barcolana ti assorbe in un modo tutto suo, o sarà che venti e più anni fa i miei occhi guardavano in modo diverso, comunque sia come ho messo il piede fuori dalla macchina è stato come trovarsi in un posto mai visitato, e affascinante.
Ricordavo solo che è una città di Mare, e lo si respira subito. Una città di Mare non giusto perché è sulla costa, ha un porto grande, è terra di armatori e marinai, queste sono le cose facili, che possono fare di un posto un qualunque posto di mare. C’è qualcosa in più a Trieste, le sue Rive non sono un confine tra terra e mare, sono una specie di unione tra la città e il golfo che si apre davanti e mentre si cammina su queste banchine basse prive di ringhiere o parapetti ci si sente veramente sul mare, e quando la banchina si interrompe per lasciar spazio a tre scalini che vanno direttamente in acqua, senza cancelli, senza transenne, senza cartelli di pericolo, senza dissuasori, è un invito al lasciare che il Mare si mescoli con te.
E non le vorrei vedere diverse queste Rive, queste banchine, non vorrei che la modernità del preservare la sicurezza dei distratti le trasformasse in un confine, in un limite, in una barriera che andasse a racchiudere la città fuori dal mare o il mare fuori dalla città. Spero che lo spirito dei Triestini, quello spirito che ho imparato a conoscere da tutti quegli amici che ahimè nel tempo ho perso di vista ma che comunque hanno mantenuto un posto nel cuore .. spero che quello spirito difenda il loro essere aperte, agendo in una sorta di paradosso o di ossimoro, considerato quel luogo comune che porta a pensare che siano i confini a dover essere difesi.
E poi un’altra cosa mi ha colpito, anche se la sapevo già: nel porto una foresta di alberi, a raccontare che la maggior parte dei Triestini che vanno in mare, ci vanno a Vela. Non a caso la Barcolana, anche prima di diventare un evento così famoso da attrarre velisti da tutto il mondo, ha sempre portato in acqua un numero impressionante di barche, credo di non sbagliare se azzardo a dire “tutte quelle che c’erano”.
Lasciando il mare alle spalle e attraversando Piazza Unità d’Italia, dopo avere ripreso fiato perché quella piazza te lo mozza, ci siamo addentrati (*) nelle vie del centro, molte delle quali pedonali, e quasi mi è venuto il torcicollo da tutti i passi che ho fatto col naso all’insù! Le finestre delle case, tante finestre, tutte con le persiane di legno, in uno stile tutto loro e molto particolare; c’è un bel mix di “sapori” a Trieste, c’è l’Italia, c’è l’Est, c’è il centro-Europa e ci sono gli Asburgo, un melange molto raffinato.
(*) Quasi per caso: con Tommi eravamo a Monfalcone per un suo impegno, e abbiamo pensato di trascorrere la fine giornata così, con una visita a Trieste. Scelta più azzeccata non potevamo fare: io con i miei ricordi interrotti e le sensazioni che ho provato, Tommi sinceramente colpito dalla bellezza (la sera dopo ha detto “sai Pà, ti dirò che Trieste mi piace più di Venezia”), e un’ottima cena a base di pesce, del “normalissimo” pesce locale, gustosamente fresco con due bicchieri di bianco del Collio, abbiamo lasciato Trieste con lo spirito in pace.
PS: il pesce era buono anche la sera dopo, siamo stati a Duino!